venerdì 8 gennaio 2010

Emozioni



"Tento di rubare con i baci il suo dolce sorriso,
di bere i suoi neri sguardi con i miei occhi”.

R. Tagore

giovedì 7 gennaio 2010

Un drink e via...


Dopo "1000" sms ridicoli e divertenti, ci mettemmo d'accordo per vederci per un drink. L'idea era quella di passarlo a prendere vicino a casa sua e poi scappare verso meta ignota, dove nessuno mi avrebbe riconosciuta. L'ora dell'appuntamento era vaga, intorno alle 21.30. Dopo una corsa folle in autostrada, arrivai poco prima delle 22.00. Scelsi un bel CD, per ascoltare buona musica: Unplugged di Eric Clapton.

Arrivò in ritardo...ma non erano le donne a farsi aspettare?. Sorriso sulle labbra, casco in mano e jeans a vita bassa...cazzo quanto è giovane, sembro sua zia, sembro sua sorella più grande! Esco dalla macchina e gli vado incontro. Lo abbraccio per due secondi sussurrandogli all'orecchio: "Che bello vederti di sera!".

Saliamo in macchina. Mi prende le mani tra le sue e mi dice: "Senti che mani fredde". Quel contatto mi fece salire un brivido. Non ci eravamo mai toccati prima d'ora, io almeno non lo avevo mai toccato prima d'ora. Un gesto che può sembrare così banale, mi fece trasalire. Un semplice sfioramento di mani, può essere sensuale, intrigante. Quell'atto così spudorato, così istintivo da parte sua, ma senza alcuna malizia, mi provocò un'ondata di tremiti. 

Accesi la macchina, misi le mani sul volante e ci incamminammo lungo la strada. Destinazione ancora ignota. Parlavamo e ridevamo. Ridevamo e parlavamo. La macchina sembrava muoversi da sola. Lunga e diritta correva la strada, l'auto veloce correva; la dolce estate era già cominciata, vicino lui sorrideva. Forte la mano teneva il volante... parevamo dentro una canzone, dentro un film, non mi sembrava vero. In quel momento non mi sfiorò neanche un senso di colpa, d'altronde non stavo facendo niente di male no?

Quando scendemmo dalla macchina la temperatura diceva "freddo", ma io non lo sentivo. Stavo bene. Non volevo essere da nessun'altra parte se non lì, lì con lui. Camminavamo sul marciapiede scontrandoci continuamente. Ci muovevamo lungo le strade del paese, senza far caso alla gente che ci stava intorno. Passavamo davanti ai locali strapieni di urla e risate e manco ce ne accorgevamo. L'unico momento che riuscì a colpire la nostra attenzione, fu la scenata di una ragazza fuori di testa, nei confronti di una sua coetanea. Gelosia? 

Dopo varie "vasche" per le stradine del borgo, trovammo un pub dove fermarci a bere un drink. Volevamo starcene un pò isolati, volevamo un pò di privacy, così decidemmo di sederci sui divanetti fuori. Eravamo gli unici... con quel freddo polare! Mi sistemai a fianco a lui. Il tempo sembrava immobile, si muovevano solo le persone attorno a noi. Eravamo in quella dimensione dove le parole scorrono a fiumi, dove non devi far altro che conoscerti e puoi dire qualsiasi cosa perchè tanto sai che per l'altra persona sarà una cosa nuova. Ci raccontammo tante vicende vissuti da bambini. Gli raccontai dei miei figli, del mio lavoro, anche lui mi raccontò del suo lavoro. Il suo sogno è quello di aprirsi un giorno, un salone di parrucchiere: "Tata Hair Style"
Tornammo in macchina. Io volevo che la serata non finisse più, lui l'indomani mattina aveva una partita di calcio e doveva svegliarsi presto. Il "bambino" non doveva fare tardi altrimenti il mattino seguente non avrebbe reso sul campo... bleahhh! Odio il calcio e odio tutti quelli impallati di calcio. Lo riaccompagnai al motorino. Mi fa un effetto strano scriverlo: accompagnarlo al motorino, mi sento di nuovo sua zia. 

In macchina con la musica accesa, non finivamo di parlare. Ogni tanto lui diceva: "Oddio è tardissimo (00.30) devo andare a casa... ma non voglio andare!". Io non dicevo niente, me ne stavo in silenzio, ma godevo del fatto che non volesse tornarsene a casa, che non volesse andersene via da me. 

"Oddio è tardissimo (01.00) devo andare a casa... ma non voglio andare!".

"Oddio è tardissimo (01.30) devo andare a casa... ma non voglio andare!".

"Oddio è tardissimo (02.00) devo andare a casa... ma non voglio andare!".

A un certo punto l'ho cacciato via. Gli ho detto: "Va bene, esci da questa macchina e vattene a dormire! Stiamo fermi, non facciamo niente, lasciamo tutto così com'è". Lui dolcemente mi ha chiesto: "Neanche un bacino?". E per un breve istante le nostre labbra si toccarono. Poi di corsa tutti a nanna.

lunedì 4 gennaio 2010

Sole tiepido

Zero Branco

Quella mattina ero in giro per commissioni. Come al solito pensavo a lui e fantasticavo su di noi. Parlai con una cara amica di quello che mi stava accadendo e di quello che avrei voluto che accadesse. Il suo solo penisero fu: "Spero che tuo marito non lo venga mai a sapere, vedi di non perdere la testa, altrimenti sono cazzi!". Giusto. Forse stavo veramente cominciando a perdere la testa. Oh merda. Cosa stavo combinando? In che situazione marcia mi stavo infilando? Ma soprattutto, perchè ero conscia del fatto di fare una gran cavolata, ma nello stesso tempo, sentivo una forza brutale spingermi a farlo?

Mandai un sms a lui chiedendogli se facesse pausa pranzo e se gli andava di vederci. Poco dopo ero ai giardinetti ad aspettarlo. La giornata era splendia, non una nuvola in giro, cielo terso, limpido e sole tiepido che ti scaldava le ossa. Era l'una passata, andai ad un bar vicino per farmi fare un toast. Diedi due morsi e lo gettai nella spazzatura, avevo lo stomaco chiuso dalla tensione. Avevo finalmente le farfalle nello stomaco. Era questo che volevo no? 

Stavo seduta sull'erba fresca, il sole mi baciava il viso, quando mi arriva un suo sms: "Sono ai giardinetti sei già scappata?". Mi alzo in piedi per farmi vedere. Lo trovo subito. Anche lui mi nota. Ci sorridiamo e mi viene incontro. Sorride ma ha il passo lento, non ha più quella sicurezza che aveva in negozio. E' piccolo... sembra un cucciolo. Adesso per la prima volta lo vedo piccolo, sento la differenza d'età. Ci scambiamo due baci sulle guance e ci sediamo sull'erba. 

Non mi ricordo di preciso cosa ci dicemmo, solo qualche frase senza senso. La cosa che più mi è rimasta impressa sono le sue  mani insicure che strappano continuamente fili d'erba, i suoi occhi scuri che guardano a terra, quasi avesse timore di guardare dentro ai miei, le sue parole ripetute nei momenti di silenzio che dicevano: "Non so che dire". Sinceramente ha perso punti quel giorno. Io volevo un uomo. Un uomo deciso, forte, sicuro di se stesso. Sicuro dei gesti che compie, di un uomo che regge il mio sguardo, che regge il silenzio, anzi che assapora il silenzio. Ho voluto dargli una seconda chance. Gli ho raccontato che è uno strano periodo per me e che sento il bisogno di divertirmi. Mi ha chiesto:

- "Allora io sono il tuo divertimento?" 

- "Sì!"

Gli ho detto che avrei voluto vederlo sotto la luce della luna. Lui ha sorriso ed ho intravisto di nuovo il suo sguardo penetrante. L'ora in cui siamo stati insieme è volata. Time is up. Lui è tornato al lavoro, io a casa.

venerdì 1 gennaio 2010

Tempo di attesa

Mulberry Moon

Arrivata a casa con il cellulare in mano, controllavo in maniera frenetica e costante se c'era ricezione, ma soprattutto se mi aveva mandato un sms. Sblocca tasti... controllo, sblocca tasti... di nuovo controllo. Era ormai sera inoltrata, quando decisi di spegnere il cellulare, non prima però di aver dato un'ultima controllatina; niente da fare, niente sms. Odio attendere, odio aspettare. La mattina mi svegliai con 10 Kg sulle spalle, ma come cavolo avevo dormito quella notte? Scesi per fare colazione e accesi in automatico il telefonino: Drin-drin, drin-drin, un sms. Ero ancora mezza addormentata e il suono forte del messaggio mi fece sobbalzare. 

"Ciao indovina chi sono? Tanto non indovineresti mai! Sono A. volevo dirti che non ce l'ho fatta a cancellarti dal computer, mi spiace. La piega è sempre viva? ;)"

Più o meno lessi una cosa del genere. Ora del messaggio 22.32. Ero troppo felice, mi aveva scritto! Aveva pensato a me a quell'ora tarda della sera! Adesso toccava me fare la mossa seguente.